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Idee per startup, il metodo YC per evitare errori e trovare opportunità

Idee per startup, trovare quella giusta per la nostra nuova avventura imprenditoriale non è (solo) una questione di lampi di genio. Come dimostra l’analisi delle prime 100 aziende Y Combinator per valutazione, le idee più promettenti emergono da problemi concreti, esperienze dirette e insight strutturati. Jared Friedman lo chiarisce: nessuno può prevedere con certezza il successo di una startup, ma si possono aumentare le probabilità partendo bene.

Pensare “voglio usare l’IA” e cercare poi un problema da risolvere è il modo migliore per creare qualcosa che nessuno vuole

Gli errori più comuni da evitare

Friedman identifica quattro trappole mentali che affossano le idee già in partenza:

  1. Soluzioni in cerca di un problema (CISP): pensare “voglio usare l’IA” e cercare poi un problema da risolvere è il modo migliore per creare qualcosa che nessuno vuole. Le buone idee per startup partono da un problema urgente e specifico, non da una tecnologia.

  2. Idee trappola di catrame: sembrano semplici e di buon senso, ma sono insidiosamente difficili. Esempio classico: l’app per organizzare uscite tra amici. Se nessuno l’ha ancora fatta bene in 20 anni, forse c’è un motivo strutturale.

  3. Ossessione per l’idea perfetta: alcuni fondatori aspettano in eterno un’idea “migliore”, altri si lanciano sulla prima che capita. In entrambi i casi, si perde tempo. Serve un’idea abbastanza buona da partire, che potrà poi evolvere.

  4. Mancanza di contatto con la realtà: se l’idea non interessa davvero a nessuno, fallirà. Parlare presto e spesso con gli utenti è l’unico modo per verificarne il valore.

Come valutare se un’idea è buona: 10 domande chiave

Per filtrare un’idea, YC propone un test in 10 punti. Ecco i più significativi:

  • Founder-market fit: siete le persone giuste per risolvere quel problema? Se avete competenze, esperienze o accesso unici, è un punto a favore.

  • Problema urgente: è una frustrazione reale per qualcuno? Meglio se “dolorosa” e non ancora ben risolta.

  • Mercato grande o in crescita: serve una potenziale dimensione di almeno un miliardo di dollari.

  • Cambiamento recente: nuove tecnologie, regolamenti o trend possono creare spazi inesplorati (vedi l’ascesa delle API di background check post-Gig Economy).

  • Scalabilità: software e piattaforme sono scalabili, i servizi troppo custom no.

A queste si aggiungono valutazioni su concorrenza, desiderabilità personale, proxy di successo (aziende simili in altri mercati) e aderenza a uno “spazio fertile per idee”.

Idee che sembrano brutte… ma sono ottime

Tre tipologie di idee che scoraggiano la maggioranza ma attirano i fondatori esperti:

  • Idee difficili da iniziare: come Stripe, che richiedeva accordi bancari complessi. La barriera all’ingresso può diventare un vantaggio competitivo.

  • Spazi noiosi ma trascurati: come il software per buste paga di Gusto. Meno “sexy”, ma con clienti disposti a pagare bene per un miglioramento concreto.

  • Mercati con concorrenza apparente: Dropbox è nato in un mercato affollato, ma ha vinto migliorando drasticamente l’esperienza utente.

Come generare idee per startup: il metodo organico

La maggior parte delle aziende di successo di YC è nata da esperienze dirette dei fondatori. Le “idee organiche” nascono vivendo e lavorando in un settore, non facendo brainstorming a tavolino.

 Le “idee organiche” nascono vivendo e lavorando in un settore, non facendo brainstorming a tavolino

Friedman consiglia tre approcci per chi non vuole partire subito ma vuole farsi trovare pronto:

  • Diventare esperti in un campo di valore (es. lavorando in una startup)

  • Costruire progetti per passione, anche senza obiettivi commerciali immediati

  • Coltivare relazioni e osservare attentamente problemi reali intorno a sé

Le 7 ricette per generare idee buone

Se però si vuole partire adesso, Friedman propone sette “ricette” testate per generare idee per startup con potenziale:

  1. Competenze del team: cercare opportunità dove si è forti. Esempio: Resi, nata da esperti di real estate e finanza.

  2. Problemi vissuti personalmente: come VetCove, fondata da figli di veterinari che avevano visto l’inefficienza del settore.

  3. Cose che si vorrebbero esistessero: porta a idee come DoorDash, ma è la ricetta più rischiosa. Serve validare con ricerche serie.

  4. Cambiamenti recenti nel mondo: ogni crisi o novità tecnologica può generare nuove esigenze (es. Gather Town post-pandemia).

  5. Varianti di startup esistenti: copiare un modello vincente adattandolo a un nuovo mercato. Es: NuvoCargo = Flexport per l’America Latina.

  6. Interviste esplorative: parlare con persone reali in spazi di interesse per scoprire bisogni latenti. È un metodo che richiede pazienza e capacità di ascolto.

  7. Industrie “rotte”: più sono grandi e inefficienti, più spazio c’è per innovare.

E se nulla di tutto questo funziona? C’è sempre l’opzione di unirsi a un co-fondatore con già un’idea valida.

In sintesi: l’unico vero test è il mercato

Nonostante tutte le teorie e i framework, c’è solo un modo per sapere se un’idea funziona davvero: lanciarla. Anche un’idea imperfetta, se ben eseguita, può diventare una grande azienda. E anche la migliore idea, se ignorata dagli utenti, non va da nessuna parte.

Come dice Friedman: “Se dopo tutto questo siete ancora indecisi, il consiglio è: semplicemente lanciatela e scopritelo.”

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