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OpenAI e Jony Ive alle prese con le sfide del loro dispositivo AI screen-less

OpenAI e il leggendario designer Jony Ive stanno affrontando una serie di sfide complesse nello sviluppo del loro primo dispositivo AI, un oggetto rivoluzionario pensato per interagire con il mondo reale senza bisogno di uno schermo. Secondo quanto riportato dal Financial Times, il team è alle prese con problemi di natura tecnica, concettuale e infrastrutturale, che potrebbero compromettere i tempi di lancio inizialmente previsti per il 2026.

Un progetto ambizioso e senza schermo

Tutto ha avuto inizio a maggio, quando OpenAI ha acquisito io, la startup fondata da Jony Ive insieme a Sam Altman, CEO di OpenAI. L’operazione, dal valore stimato di 6,5 miliardi di dollari, aveva come obiettivo dichiarato quello di “creare una nuova generazione di computer alimentati dall’intelligenza artificiale”, come affermato da Altman.

Secondo le indiscrezioni raccolte dal Financial Times, il primo dispositivo frutto di questa collaborazione dovrebbe essere “delle dimensioni di un palmo, privo di schermo, capace di interpretare segnali audio e visivi dall’ambiente fisico e rispondere alle richieste degli utenti”.

Questa visione, fortemente ispirata dalla filosofia minimalista di Ive, mira a trasformare il concetto stesso di interazione uomo-macchina, superando l’interfaccia grafica per favorire un rapporto più naturale e ambientale con la tecnologia.

Le sfide del design comportamentale

Uno dei nodi principali del progetto è rappresentato dal comportamento del dispositivo stesso. Una fonte vicina allo sviluppo ha raccontato al FT che l’idea iniziale era quella di un assistente “always on”, sempre attivo, pronto a captare stimoli e interagire con l’utente senza necessità di un comando verbale esplicito. Tuttavia, è emersa una difficoltà importante: “il team ha faticato a garantire che il dispositivo intervenga solo quando è realmente utile e sappia concludere le conversazioni al momento opportuno”.

In altre parole, definire la “personalità” dell’assistente AI è una sfida tutt’altro che banale. In un’epoca in cui la tecnologia è sempre più presente nella vita quotidiana, è fondamentale evitare che l’AI risulti invadente, ridondante o addirittura fastidiosa. Il dispositivo deve saper leggere il contesto, capire quando è il momento giusto per intervenire e, soprattutto, rispettare la sfera privata dell’utente.

Privacy e infrastruttura: due ostacoli cruciali

Un altro tema caldo riguarda la gestione della privacy. L’approccio “sempre attivo” solleva interrogativi su come vengano raccolti, elaborati e conservati i dati sensibili. Senza un’interfaccia visiva, il dispositivo non può mostrare notifiche, consensi o conferme nel modo tradizionale, rendendo ancora più complesso il rispetto della trasparenza e del controllo da parte dell’utente.

Accanto alla privacy, si aggiunge la questione dell’infrastruttura computazionale. Per essere realmente efficace, un assistente AI di questo tipo deve poter elaborare grandi quantità di dati in tempo reale, con tempi di risposta minimi e un elevato livello di personalizzazione. Questo richiede una rete robusta di calcolo distribuito, algoritmi ottimizzati e una gestione avanzata dell’energia, considerando le dimensioni ridotte del dispositivo.

Un obiettivo rivoluzionario, ma non semplice

Il progetto firmato OpenAI e Jony Ive ambisce a ridefinire l’esperienza dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana, portando l’AI fuori dallo schermo e rendendola una presenza ambientale, quasi invisibile. Tuttavia, la strada verso il lancio è ancora lunga e irta di ostacoli.

Il team, secondo quanto riportato dal FT, è ancora alla ricerca di un equilibrio tra innovazione tecnologica e usabilità quotidiana. Il rischio è che un prodotto troppo avveniristico risulti difficile da comprendere o adottare da parte del grande pubblico, mentre un’eccessiva semplificazione potrebbe compromettere il valore innovativo del progetto.

Nel frattempo, i competitor del settore — da Humane ad altri player emergenti — stanno esplorando strade simili, con approcci alternativi al rapporto tra AI, hardware e interazione umana. La corsa è aperta, ma la partita è tutt’altro che decisa.

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