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Zipcar lascia Londra: quando anche il car-sharing diventa un lusso che la città non vuole più permettersi

Una notizia che dovrebbe far pensare chi fa politiche sulla mobilità urbana in Italia

Per molti londinesi la notizia è sembrata un pesce d’aprile arrivato in anticipo: Zipcar chiuderà l’attività londinese a fine dicembre, dopo vent’anni in cui era diventato praticamente ‘il servizio’ di car-sharing della capitale inglese.
Se vivi a Londra nelle Zone 1–3 (il centro), non hai una macchina (come la stragrande maggioranza), e non vuoi sobbarcarti un mutuo solo per pagare il parcheggio, Zipcar era l’unica soluzione sensata per quei tre momenti all’anno in cui serve un’auto: trasloco, IKEA, visita alla mamma in periferia. Ora, chiuso anche quello. 

Che cos’è Zipcar

Zipcar nasce nel 2000 negli USA e arriva a Londra nei primi anni 2000. Nel 2013 viene acquistata da Avis Budget Group, uno dei giganti del noleggio mondiale.
Il modello è semplice:

  • migliaia di auto e van parcheggiati in strada,
  • prenotabili via app,
  • da £6 a £15 l’ora (carburante, assicurazione e assistenza statale inclusi),
  • flessibilità totale: a postazione fissa oppure one-way (Flex), lasciandola ovunque entro una zona stabilita, anche a Heathrow o Gatwick.

Per un’intera generazione di londinesi — giovani, precari, creativi, lavoratori dei servizi — Zipcar era la patente alternativa: non serviva possedere un’auto per sentirsi parte della città.

Inoltre il servizio permette di accedere alle auto in tutte le città (principalmente USA) in cui il servizio è attivo, senza nuove registrazioni e senza depositi cauzionali su carte di credito etc.

Londra, dove avere una macchina è già un lusso insostenibile

Già prima di questa storia, Londra era un luogo in cui:

  • il costo della vita ha raggiunto livelli comici (se non fossero tragici),
  • sempre meno giovani prendono la patente perché non ha senso usarla,
  • mantenere un’auto significa pagare: assicurazione stellare, parcheggio che costa come un mutuo, multe automatiche come se piovesse, congestion charge e, per alcuni, ULEZ (altra tassa sull’inquinamento),
  • le politiche comunali da anni rendono l’ingresso in città punitivo per chiunque abbia quattro ruote, soprattutto se non è un’auto di lusso.

Il paradosso? Mentre vengono introdotti costi sempre più alti per le auto “normali”, la città è piena di supercar targate Emirati che sfrecciano senza battere ciglio, e contemporaneamente invasa da flotte infinite di bici condivise, spesso lasciate ovunque, come se lo spazio pubblico fosse una colonia di start-up cinesi.

In questo contesto, il car-sharing era l’ultimo cuscinetto sociale tra la scelta razionale del “non possedere una macchina” e la necessità pratica di usarne una ogni tanto.

Eppure neanche il car-sharing, senza una politica che lo sostenga, può sopravvivere.

La politica che non vede, non coordina e non protegge

Zipcar ha spiegato la scelta sofferta come dettata dalle politiche della capitale:

  • costi dei permessi esplosi (alcuni borough – le zone di Londra – fanno pagare migliaia di sterline l’anno a posto auto),
  • aumento dei costi di gestione,
  • utilizzo più basso a causa della crisi del costo della vita,
  • congestion charge ora estesa anche alle auto elettriche — £18 (oltre 20 euro) al giorno dal 2026.

Quest’ultima è stata probabilmente la botta finale.
Una decisione del sindaco Khan che, nel momento in cui si dovrebbe accelerare la transizione verde, introduce un pedaggio anche per i veicoli elettrici condivisi.

Risultato? Zipcar avrebbe dovuto scaricare il costo sui clienti. Che ovviamente avrebbero smesso di usarlo. Un circolo vizioso perfetto.

Ma la verità è più ampia: il sindaco non ha i poteri centralizzati per negoziare un quadro unico per tutta Londra. Il car-sharing va autorizzato borough per borough, ognuno con tariffe diverse, regole diverse, visioni diverse.

In Europa (Francia, Belgio, Germania) esistono politiche nazionali per sostenere il car-sharing come alternativa alla proprietà privata dell’auto.
A Londra si è deciso, semplicemente, di lasciarlo affogare nel mercato.

Un modello in perdita da anni, ma con un impatto sociale enorme

Zipcar UK negli ultimi anni aveva accumulato perdite: ricavi in calo, costi in aumento, domanda in discesa.
Il proprietario Avis Budget — già pieno di problemi finanziari — ha staccato la spina senza guardarsi indietro. Ma per la città? È un disastro!

  • 12.000 aziende londinesi usavano Zipcar.
  • Ospedali, servizi sociali, council come Croydon lo utilizzavano per evitare di possedere una flotta propria.
  • Hackney aveva appena firmato un contratto da 1 milione per espandere Zipcar nel borough.
  • Ogni macchina Zipcar, secondo l’azienda, toglierebbe 27 auto private dalle strade.

Ora tutto questo evapora. E non è che esista una vera alternativa: Enterprise Car Club è troppo piccolo, Hiyacar è indebitata, altri player quasi invisibili.

Il rischio: più auto private, più traffico, più inquinamento, più Londra che affoga

Chi ha usato Zipcar per 18 anni ora lo dice esplicitamente: dovrò comprare un’auto.
E una volta che la possiedi, la usi.
E quando la usi, congestion charge o no, contribuisci a rallentare i bus, peggiorare l’aria, intasare strade già al collasso.

È un passo indietro enorme per una città che dice di voler diventare più verde.

Ma allora Londra per chi è? Il modello che Milano o Roma non dovrebbero inseguire

Se vivere a Londra è già costoso, muoversi a Londra è ormai diventato un lusso per chi:

  • può permettersi una supercar o di girare in taxi e uber,
  • o vive nel centro e si muove a piedi o in bici,
  • o lavora da casa e attraversa la città solo su Google Maps.

Per tutti gli altri — giovani, lavoratori dei servizi, famiglie, migranti, precari — si sta chiudendo ogni possibilità di flessibilità. La città governa come se la vita vera non esistesse.

Un monito per l’Italia (e le sue città che sognano “meno auto, più sharing”)

L’Italia guarda spesso a Londra per le politiche urbane. Sbagliando. Perché la lezione qui è chiarissima:

Il car-sharing non sopravvive senza una strategia pubblica che lo renda sostenibile, coordinata, accessibile e programmata nel lungo periodo.

Se ogni comune italiano fa da sé, se i costi crescono senza logica, se il car-sharing viene trattato come un servizio profittevole e non come una infrastruttura di mobilità, allora anche in Italia vedremo fallimenti simili.

Ed è surreale che tutto questo accada proprio quando il Regno Unito ha un governo laburista e Londra un sindaco laburista. Sembra quasi che chi non vuole essere stritolato dai costi debba solo… andarsene.

Una notizia che nessuno si aspettava e che non ha alcun senso

Perché Londra senza Zipcar è una città più chiusa, più diseguale, più difficile. E per molti, più ostile.

Che un servizio così fondamentale venga lasciato morire mentre la città è sommersa di bike-sharing selvaggio ovunque è uno dei più grandi paradossi urbani degli ultimi anni.

E Londra ha almeno il vantaggio di avere una rete di metropolitana enorme ed efficace. Un segnale per tutti: la transizione ecologica non funziona se diventa un lusso. E muoversi non può essere un privilegio.

Imprenditore, angel investor ed editore. Da quasi 30 anni pubblica in italiano ed inglese approfondimenti su startup, imprenditoria, italiani all'estero e rigenerazione di piccoli comuni italiani. Suoi contributi sono apparsi su Millionaire Magazine, Vita Non Profit Magazine, Azienda Top, Smart Working Magazine, Nomag, Italians Magazine e National Geographic Traveller. Le sue newsletter raggiungono ogni settimana oltre 35 mila subscriber.

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