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Costituzione online startup, le ultime novità dopo l’emendamento Carabetta

Un emendamento presentato dal deputato del Movimento 5 Stelle Luca Carabetta, al Dl Sostegni Bis, cerca di ripristinare la modalità di costituzione online delle startup, e la validità delle società costituite online dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha di fatto riaperto la discussione su un procedimento che, comunque, nel nostro Paese non …

Un emendamento presentato dal deputato del Movimento 5 Stelle Luca Carabetta, al Dl Sostegni Bis, cerca di ripristinare la modalità di costituzione online delle startup, e la validità delle società costituite online dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha di fatto riaperto la discussione su un procedimento che, comunque, nel nostro Paese non era mai partito con particolare convinzione.

In particolare, sono due le modalità di costituzione online delle startup previste dall’emendamento Carabetta:

  • l’atto pubblico notarile, eventualmente anche informatico o telematico, e dunque senza la presenza fisica delle parti nel momento in cui il notaio è collegato con le stesse tramite piattaforma web. Risulta evidente che, in questo caso, sarà fondamentale adottare un sistema di videoconferenza e di apposizione della firma digitale
  • la procedura telematica che, dietro identificazione elettronica della parte interessata, permetta la redazione dell’atto costitutivo attraverso una scrittura informatica privata.

Inoltre, l’emendamento sembra allargare la possibilità della costituzione online anche alle società Srl o alle Srls, con doppia opzione notaio / senza notaio.

Cosa ha stabilito il Consiglio di Stato

Ricordiamo che la discussa sentenza del Consiglio di Stato ha previsto che fino a un nuovo intervento legislativo le startup italiane non possono più costituirsi in modo gratuito e digitale, ma dovranno invece sottostare a tutti gli adempimenti burocratici che sono previsti per la generalità delle imprese.

Nel dettaglio, il Consiglio di Stato aveva sancito che il potere esercitato dal Ministero mediante il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell’ordinamento, ovvero non poteva incidere sulla tipologia di atti necessari per la costituzione delle startup innovative, come invece previsto dalla normativa primaria.

La sentenza aveva poi citato l’art. 11 della Direttiva 2009/101/CE, secondo cui in tutti gli Stati membri in cui la legislazione non preveda all’atto della costituzione un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, allora l’atto costitutivo e lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico.

Un altro elemento di contestazione riguarda il ruolo del Registro delle Imprese, considerato che il Consiglio di Stato ha stabilito come il decreto MiSE abbia illegittimamente ampliato l’ambito dei controlli dell’Ufficio del Regsitro, ma senza che vi sia un’adeguata copertura legislativa in grado di autorizzare questa innovazione. Ne consegue che, aggiungeva la sentenza del Consiglio, alla luce della natura del controllo effettuato dall’Ufficio del Registro nell’ordinamento italiano, così come sopra delineato, non siano infondati i dubbi sulla possibilità di ovviare alla modalità tradizionale di costituzione delle società, pena il concreto rischio di porsi in contrasto con la Direttiva europea.

Giornalista, copywriter, esperto di finanza e marketing editoriale, collabora con alcuni dei più noti network nazionali dell'informazione

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