
L’Intelligenza Artificiale ha l’immenso potenziale di trasformare radicalmente le nostre vite, dare nuovo impulso al mondo industriale e contribuire ad affrontare alcune delle questioni globali più urgenti. Per realizzare appieno questo potenziale sono però necessari collaborazione, impegno collettivo per un’innovazione responsabile e una regolamentazione adeguata, con programmi di formazione e iniziative di sviluppo delle competenze per aiutare le persone a sfruttare al meglio il potere dell’AI.
È questa la premessa del report ‘Trust, attitudes and use of Artificial Intelligence: A global study 2025’, realizzato dall’Università di Melbourne in collaborazione con KPMG. Si tratta di uno degli studi globali più ampi sulla fiducia, l’utilizzo e la percezione del pubblico nei confronti dell’intelligenza artificiale. L’indagine si basa su una survey condotta su oltre 48.000 persone in 47 Paesi a livello globale.
L’AI è tra noi, ma la fiducia non la segue
I risultati rivelano che l’adozione dell’AI è in forte crescita: il 66% delle persone dichiara di utilizzarla regolarmente, e l’83% ritiene che il suo impiego porterà un’ampia gamma di benefici. Tuttavia, solo il 46% a livello globale è disposto ad affidarsi pienamente ai sistemi basati su intelligenza artificiale.
L’intelligenza artificiale è diffusa, ma la fiducia non la segue: solo il 46% si sente sicuro nell’affidarsi ai sistemi AI.
Il report evidenzia quindi una tensione crescente tra la percezione dei benefici e la mancanza di fiducia: molti si affidano ai risultati dell’intelligenza artificiale senza verificarne l’accuratezza (66%) e oltre la metà (56%) ammette di aver commesso errori nel proprio lavoro a causa dell’uso di AI.
In risposta a queste dinamiche, il 70% degli intervistati chiede un mandato pubblico per una regolamentazione dell’AI sia a livello nazionale che internazionale.
Quattro azioni chiave per affrontare la sfida
KPMG, alla luce dei risultati emersi, individua quattro azioni prioritarie per i leader che vogliano ottenere un reale vantaggio competitivo attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale:
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Leadership trasformazionale
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Rafforzare la fiducia
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Promuovere l’alfabetizzazione in materia di AI
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Rafforzare la governance
Agendo in queste aree strategiche, le organizzazioni possono mitigare i rischi attuali e al tempo stesso promuovere un’innovazione sostenibile, inclusiva e fondata su valori condivisi.
Una collaborazione uomo-macchina per il futuro
Parallelamente allo studio con l’Università di Melbourne, KPMG ha pubblicato il paper “The age of Intelligence – Empowering human-AI collaboration for a trusted future”, che esplora le implicazioni organizzative dell’adozione dell’intelligenza artificiale.
Il documento sottolinea che per affrontare con efficacia le sfide della fiducia e della governance è essenziale investire nella collaborazione tra esseri umani e AI, costruendo ambienti dove trasparenza, accountability e formazione siano elementi centrali.
L’intelligenza artificiale in azienda: efficienza e rischi
L’AI è ormai entrata nelle aziende, cambiando in profondità il mondo del lavoro e i modelli di business. Secondo il report, tre dipendenti su cinque (58%) utilizzano l’intelligenza artificiale con intenzionalità, e un terzo (31%) lo fa con frequenza settimanale o quotidiana.
I vantaggi sono evidenti: efficienza aumentata, accesso più rapido alle informazioni, incremento dell’innovazione. Il 48% dei dipendenti afferma che l’AI ha avuto effetti positivi sul fatturato.
Quasi la metà dei lavoratori ammette di usare l’AI violando le policy aziendali, ad esempio caricando dati sensibili su strumenti pubblici come ChatGPT
Tuttavia, emergono anche rischi significativi: quasi la metà dei lavoratori ammette di usare l’AI violando le policy aziendali, ad esempio caricando dati sensibili su strumenti pubblici come ChatGPT. Il 66% si affida ai risultati generati senza verificarne l’accuratezza e il 56% ha commesso errori professionali legati all’uso dell’AI.
Un altro dato critico è che il 57% dei dipendenti tende a nascondere l’utilizzo dell’AI, presentando il lavoro generato come proprio. Questo comportamento suggerisce la mancanza di una cultura aziendale strutturata sull’uso responsabile della tecnologia.
La formazione sul lavoro resta carente
Solo il 47% dei dipendenti globali dichiara di aver ricevuto una formazione adeguata sull’uso dell’AI, e solo il 40% afferma che la propria azienda abbia implementato policy o linee guida sull’uso di strumenti generativi. Questo vuoto contribuisce a un uso distorto della tecnologia, spesso guidato da pressioni implicite.
L’uso dell’AI sul lavoro cresce, ma molti la usano in modo improprio: il 57% dei dipendenti nasconde l’uso dell’AI.
La metà dei lavoratori intervistati si dice infatti preoccupata di rimanere indietro o di essere esclusa se non adotta l’intelligenza artificiale, segnalando così un clima di competizione interna che rischia di alimentare ulteriori tensioni.
Impatto dell’AI sulla società: vantaggi tangibili, rischi percepiti
Il report evidenzia che l’AI ha già prodotto impatti significativi sulla vita quotidiana: quattro persone su cinque dichiarano di aver beneficiato della riduzione del tempo dedicato a compiti ripetitivi, della maggiore personalizzazione di servizi e contenuti, della riduzione dei costi e dell’accessibilità migliorata.
Allo stesso tempo, però, quattro persone su cinque si dichiarano preoccupate per i rischi associati, e due su cinque segnalano effetti negativi già vissuti. I timori includono la perdita di interazione umana, i pericoli per la sicurezza informatica, l’aumento della disinformazione, risultati errati e processi di dequalificazione del lavoro.
Un’area particolarmente delicata è quella elettorale: il 64% degli intervistati teme che le elezioni possano essere manipolate da bot o contenuti generati da AI.
Serve una regolamentazione globale
Il 70% dei cittadini ritiene che siano necessarie nuove regole per l’intelligenza artificiale, ma solo il 43% è convinto che quelle attuali siano adeguate. Il bisogno di un quadro normativo aggiornato e coerente è percepito come urgente.
Serve un mandato globale per regolare l’intelligenza artificiale: il 70% chiede nuove leggi, ma solo il 43% le ritiene adeguate.
L’87% degli intervistati auspica leggi più severe contro la disinformazione generata dall’AI e invoca una maggiore responsabilità da parte delle piattaforme di media e social network. Il fact-checking sistematico e automatizzato è indicato come uno strumento necessario per contenere i rischi di manipolazione e diffusione di contenuti falsi.
Italia: tra entusiasmo e necessità di consolidamento
I dati relativi all’Italia (1.000 intervistati) riflettono l’andamento globale, con alcune differenze rilevanti sul piano della formazione e della governance aziendale. Il 59% dei lavoratori italiani ha ricevuto formazione sull’AI, contro il 47% globale, e il 57% lavora in aziende che dispongono di policy sull’uso dell’intelligenza artificiale (contro il 40% globale).
Tuttavia, sul fronte della fiducia, l’Italia mostra una leggera flessione: solo il 40% degli intervistati si dichiara disposto a fidarsi dell’AI, contro il 46% della media globale. Questo dato conferma che, pur accogliendo con favore l’AI (75% di parere positivo) e adottandola regolarmente (66%), permane un certo scetticismo radicato nella cultura digitale del Paese.
Anche in Italia, rischi aziendali in primo piano
Anche nel nostro Paese si osservano comportamenti problematici: il 61% si affida all’output dell’AI senza verificarne l’accuratezza (contro il 66% globale), e il 60% ammette di aver commesso errori lavorativi dovuti all’uso dell’AI (contro il 56%).
In Italia più formazione sull’AI rispetto alla media globale: 6 su 10 lavoratori dichiarano di aver ricevuto training adeguato.
Questi dati confermano che l’AI, pur rappresentando un’enorme opportunità, richiede un ecosistema di governance, educazione e responsabilità condivisa per evitare derive disfunzionali.
Interventi strategici su quattro fronti
Il report 2025 dell’Università di Melbourne e di KPMG fornisce un quadro chiaro: l’intelligenza artificiale è ormai diffusa e centrale in molti ambiti della nostra vita e del lavoro, ma la fiducia è ancora debole e i comportamenti d’uso spesso non sono regolati.
Per colmare questo divario, servono interventi strategici su quattro fronti: leadership capace di guidare l’innovazione; alfabetizzazione digitale diffusa; policy aziendali strutturate; regolamentazione condivisa a livello nazionale e internazionale. L’età dell’intelligenza è iniziata: ora tocca a noi renderla davvero sostenibile.