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Valuation pre-money i consigli degli esperti

Quando si pianifica una campagna di equity crowdfunding o si va in cerca di investitori, bisogna conoscere il valore attuale del proprio progetto di business. Ecco come ottenere concretamente questo numero secondo gli esperti del settore.

La valuation pre-money di una startup, ovvero la sua valutazione economica prima che le quote societarie vengano distribuite agli eventuali investitori esterni, è frutto di un processo piuttosto complesso. Non esiste un metodo universale sempre valido indipendentemente dal settore o dallo stadio di maturità dell’azienda, anche se si possono seguire dei principi guida efficaci per ottenere un valuation pre-money utile e coerente.

Uno dei motivi per cui è tanto difficile stabilire la valuation pre-money di una startup è intrinseco nella natura stessa di quasi tutte le società nate da poco, soprattutto se stiamo parlando di realtà early stage. Prima ancora che si realizzino dei ricavi, come si fa a determinare il valore del business?

Ebbene, una valuation pre-money ben fatta permette proprio di farsi un’idea realistica del valore di una startup ancora prima di qualsiasi investimento e prima di iniziare a fatturare.

Piccola premessa: è importante chiedere rivolgersi a professionisti competenti in materia per ottenere una valuation pre-money affidabile. Solo così si raggiunge lo scopo di una valutazione che da una parte possa suscitare l’interesse degli investitori e dall’altra possa garantire ai soci fondatori di continuare a mantenere il controllo sulla propria startup.

Ne abbiamo parlato con Giacomo Goria, Dottore Commercialista, Marco Rizzelli, General Manager di Seed Money e Francesco Zorgno, investitore seriale.

La valuation pre-money è il frutto di un compromesso

«Quando parlo della valuation di una startup, la prima cosa che sottolineo sempre è che il numero che si ottiene è frutto di un compromesso, in senso positivo spiega Giacomo Goria . Nel momento in cui dobbiamo valutare una startup abbiamo a disposizione diversi metodi e le correnti di pensiero su quale sia il percorso migliore da seguire sono diverse. Qualunque imprenditore (soprattutto se giovane e/o alla sua prima esperienza di business) è sempre innamorato della propria idea, anche perché per farla crescere gli deve dedicare tutto il suo tempo e le sue energie. Quindi ha la convinzione che il progetto debba valere moltissimi soldi.

Valutazioni troppo elevate però, anche quando potrebbero essere giustificate, rischiano di mettere in fuga gli investitori. Valutazioni troppo modeste, dall’altra parte, diluiscono eccessivamente il capitale.

I founder devono quindi accettare il compromesso necessario a raggiungere una buona valuation pre-money. Non perfetta, ma la migliore possibile date le circostanze. Esistono una serie di strumenti per arrivare al “numero” da esporre ai potenziali investitori. Tra quelli più usati, ad esempio, c’è il metodo Berkus. Quello che personalmente preferisco tra i metodi “classici” è il Discounted Cash Flow (DCF). In linea di massima quanto si riesce a fare una valutazione il più possibile “scientifica” del valore della startup questa sarà difficile da smontare, e quindi apparirà più solida e convincente».

Giacomo Goria Dottore Commercialista
Giacomo Goria Dottore Commercialista

L’obiettivo di questa mini guida

Scopo di questo articolo è quello di dare ai founder un insieme di strumenti e consigli per capire come ottenere una valuation pre-money sensata, cosa che non può essere fatta usando un unico metodo. I metodi servono piuttosto (come approfondiamo nel libro Equity Crowdfunding la strategia perfetta) a farsi un’idea dei valori su cui ragionare. Nel testo, edito da Franco Angeli Editore, c’è una spiegazione dettagliata di tutti i principali metodi per la pre-money valuation, per chi volesse approfondire. Abbiamo realizzato una guida concisa sui metodi matematici anche qui nel nostro blog. In questo articolo ne riprendiamo due, il metodo Berkus e il metodo del Discounted Cash Flow.

Il metodo Berkus

Il metodo Berkus è uno dei più semplici (relativamente) da applicare per fare una valutazione pre-money delle startup. Si attribuisce un valore monetario basato su cinque parametri, che vengono poi sommati per ottenere un numero.

Secondo il venture capitalist californiano Dave Berkus, che l’ha ideato, il valore di una startup “ideale” è pari a 2.500.000 dollari. Questa soglia è quella massima. La cifra finale va determinata attribuendo un valore che va da 0 a 500mila dollari a cinque differenti parametri:

  • idea
  • prototipo
  • qualità del team
  • network strategico
  • vendite stimate al lancio del prodotto o del servizio

Lo strumento chiaramente ha dei limiti, come accade per qualunque semplificazione, perché non può tenere conto di tante altre variabili legate al mercato di riferimento. Però può essere una buona base di partenza. Altro limite del Metodo Berkus è rappresentato dal fatto che i 5 punti vengono stimati in maniera non analitica, basandosi più che altro su delle intuizioni.

Il metodo del Discounted Cash Flow (DCF)

Il metodo Discounted Cash Flow (DCF) andrebbe applicato (come abbiamo già suggerito nell’introduzione) con l’aiuto di un analista finanziario. Scopo principale della valutazione è quello di stimare i flussi di cassa futuri e sulla base di questi applicare un tasso di sconto oppure calcolare un ritorno sull’investimento (ROI) previsto. Tassi di sconto elevati sono collegati a maggiori rischi per l’investitore, il quale sarà propenso a correrli solo in caso di elevati tassi di crescita.

Con il metodo DCF si definisce il valore del business proporzionalmente ai flussi di cassa che l’azienda è capace di generare in un determinato periodo di tempo, solitamente 5 anni. In base a ragionevoli proiezioni su quali possano essere i flussi di cassa, questi valori vengono attualizzati a un determinato tasso, che comprende il rischio futuro. Quindi anche questo metodo sfrutta assunzioni e previsioni ipotetiche. Le metriche cioè non sono reali ma stimate, cosa sempre difficile per le imprese che muovono i primi passi.

«Tutti siamo bravissimi a stimare i costi, perché possiamo basarci su preventivi messi nero su bianco, mentre per una stima concreta dei flussi di cassa futuri purtroppo ci vorrebbe la sfera di cristallo commenta Goria .

Questo però non significa che il metodo non sia utile, anzi. Faccio l’esempio concreto di una startup che io stesso ho valutato col metodo del DCF. I founder hanno investito in una indagine di mercato davvero ben realizzata (anche se costosa) che abbinata a una strategia di business molto dettagliata è stata utilissima per fare una stima dei guadagni futuri e “sostenere” la valuation di fronte agli investitori, andando a sollecitare un interesse».

La valuation pre-money può essere concretamente utile se deriva da indagini di mercato realizzate con cura e da un business plan dettagliato

L’importanza del team per la valuation pre-money 

Quanto vale un team solido dotato delle giuste capacità e del giusto network quando si parla della valutazione di una startup early stage? Mancando i dati storici sulla società, perché di fatto è appena nata, il team ha un grandissimo valore. Ogni volta in cui applicare metodi analitici è molto difficile perché la società non ha ancora iniziato a lavorare ed è impossibile fare confronti con il passato, la credibilità del team fa la differenza. Questo perché è del team e delle sue capacità che l’investitore si fida nel momento in cui decide se partecipare al business oppure no.

I membri del team, al contrario della startup, hanno un passato ed è relativamente facile valutare le loro capacità e la conoscenza del settore, studiando le carriere e conoscendoli personalmente.

Facciamo degli esempi concreti…

«Tra gli esempi calzanti di questo principio c’è GASGAS suggerisce Marco Rizzelli . La startup quando è nata e ha affrontato la sua prima campagna di equity crowdfunding non aveva ancora iniziato ad operare, quindi non aveva fatturato, anche perché il mercato di riferimento stava e sta ancora nascendo: stiamo parlando infatti di stazioni di ricarica per i veicoli elettrici. Ma la credibilità del suo team è stata tale che la startup è partita da una buona valutazione pre-money pari a 1 milione e 200mila euro e ha raccolto alla prima campagna (2021) quasi 315mila euro.

Nella seconda campagna, più recente (2022), i fondi raccolti sono stati invece 1 milione e mezzo, a fronte di una valuation iniziale pari a 5 milioni di euro. Ci sono anche altri elementi che influiscono sulla valuation di una startup. Mi viene in mente un altro caso in cui un progetto di business che è riuscito a conquistare la fiducia di un Fondo di investimento e che aveva bisogno di fondi importanti, parliamo di quasi 2 milioni di euro, ha visto crescere la sua valuation nel giro di poco tempo di un multiplo di 5 o 6x. Anche in questo caso il risultato è dipeso dal fatto che i manager del fondo hanno creduto nella capacità di execution del team».

Marco Rizzelli General Manager di Seed Money
Marco Rizzelli General Manager di Seed Money

L’utilità delle valuation crescenti

Mettiamoci nei panni di chi investe con l’aiuto di Francesco Zorgno. «L’investitore considera la pre-money valuation non in valore assoluto ma come una promessa di guadagno, in prospettiva spiega Zorgno –. Perché nel momento in cui ci sarà una exit il suo obiettivo ovviamente è quello di guadagnarci. Se la startup ha una storia di valutazioni pre-money crescenti non è molto importante quale sia stata la valutazione di partenza. Piuttostoconta il fatto che il suo valore è significativamente aumentato nel tempo e quindi il trend positivo potrebbe proseguire.

Personalmente credo molto negli aumenti di capitale progressivi e nelle valuation crescenti. Così gli investitori percepiscono il fatto di essere entrati in un loop positivo di aumento del valore del business sul quale hanno puntato. Da un punto di vista più tecnico, gli startupper che si affidano a metodi scientifici costruiscono una valuation inattaccabile della startup a partire per esempio da un multiplo dell’EBIDTA prospettico, cioè dal margine operativo lordo, o più spesso usano il metodo del DCF.

Lo fanno con quello che hanno a disposizione, cioè il business plan. Questo, come è stato già sottolineato, è il punto “debole”. Nessuno può garantire che quel business plan corrisponderà al vero e che quei fatturati verranno realizzati, dato che non si tratta di una PMI ma di una startup. L’investitore fa una scommessa».

Francesco Zorgno, investitore seriale

Gli errori da evitare nella valuation pre-money

Molto spesso i founder non fanno grandi calcoli ma definiscono la valuation pre-money a partire dai fondi di cui hanno bisogno per crescere, e dal massimo della diluizione accettabile per loro. Applicano cioè un meccanismo inverso. Questo modo di procedere, però, non sta in piedi. Bisogna invece applicare le metriche che abbiamo descritto, capire a quale valutazione si arriva e solo dopo verificare qual è la diluizione corrispondente.

Se la valuation pre-money è troppo alta è necessario cambiare strategia. Per esempio dividendo la raccolta in più tranche a valuation crescenti, come suggerisce Francesco Zorgno. In questo modo, spesso si raccoglie di più e ci si diluisce anche meno, tracciando una storia di valuation crescenti che contribuiranno a convincere più facilmente gli investitori, compresi quelli istituzionali.

Una startup che di volta in volta raggiunge gli obiettivi prefissati e aumenta il suo valore, infatti, conferma la fiducia che le è stata data. E costruisce una storia di successo anche se è ancora una società giovane.

Altra cosa a cui stare attenti sono gli obiettivi di crescita e le strategie con cui li si vuole raggiungere. Entrambi devono essere credibili e concreti, altrimenti la valuation pre-money “non sta in piedi”.

Ultimo consiglio dai nostri esperti, mai pensare di poter fare tutto da soli: dalla costituzione dello statuto alla comunicazione necessaria per far conoscere la startup passando per la definizione della valuation pre-money, bisogna sempre affidarsi a professionisti competenti ed esperti del settore per evitare errori fatali.

Diplomata al liceo classico e laureata in biotecnologie industriali, da 13 anni lavora nel mondo dell'editoria di settore online e su carta stampata. Collabora durante le fasi di ideazione e rilancio di prodotti editoriali e si occupa di correzione di bozze, editing e revisione di articoli, saggi e romanzi.

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