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Il ciclo di vita di una startup

Se volessimo schematizzare al massimo il ciclo di vita di una startup, potremmo suddividerlo in due grandi fasi. La prima di queste è quella che parte dall’idea e arriva fino alla ricerca dei primi investitori. Una fase molto delicata perché è quella in cui bisogna creare il team, decidere il proprio modello di business, dare …

Se volessimo schematizzare al massimo il ciclo di vita di una startup, potremmo suddividerlo in due grandi fasi. La prima di queste è quella che parte dall’idea e arriva fino alla ricerca dei primi investitori. Una fase molto delicata perché è quella in cui bisogna creare il team, decidere il proprio modello di business, dare forma al prodotto/servizio e verificarlo sul campo, la cosiddetta market validation. Sono quattro momenti fondamentali che nella maggioranza dei casi fanno la differenza tra crescere o fallire.

Il team

Se qualcuno ci dice che l’idea è tutto, beh, forse si sta sbagliando. L’elemento più importante di una startup è il team. A differenza di qualche anno fa, quando gli investitori prestavano maggiore attenzione all’idea, oggi prevale la squadra. Sono le persone a trasformare un’idea in realtà e sono sempre le persone a trovare strade alternative quando quella battuta non funziona come dovrebbe. Per avere credibilità ed attenzione una startup deve avere business plan un team di founders, con competenze complementari e con un consolidato rapporto, fatto di coesione ed esperienze condivise. Una startup formata da un singolo soggetto non ha molte speranze di ricevere attenzione e investimenti.

Il business model

Il team ha il compito di definire il modello di business della propria propria startup. I modelli di business in uso sono svariati, ma il più usato è il cosiddetto “Business Model Canvas”, elaborato nel 2004 da un team di oltre 400 esperti. Il business model è necessario per schematizzare tutti gli elementi dell’impresa sui quali occorre ragionare e prendere decisioni. Quali sono le attività chiave? Qual è la value proposition? Chi sono i partner? Quali sono le risorse da impiegare? Chi sono i clienti a cui rivolgersi e che canali utilizzare per raggiungerli? Ad esso segue il business plan che, invece, focalizza tutti gli elementi economici dell’impresa; quali sono i costi; da dove arrivano i ricavi ed in quali tempistiche. Un documento importante, quindi, che ha la caratteristica di essere un documento aperto e dinamico, perché accompagnerà tutta la vita della società ed andrà aggiornato, ripensato e studiato man mano che essa crescerà.

Minimum viable product

Fatto questo è necessario concentrarsi sullo sviluppo del prodotto o servizio ideato dalla startup. Non serve, in questa prima fase, uno sviluppo completo del prototipo, ma è necessario mettere in campo quello che gli addetti ai lavori chiamano “minimum viable product”. Un prodotto minimo, con le caratteristiche base di quello che verrà creato in seguito.

Market validation

Esso, infatti, dovrà servire solo per la fase della validazione del mercato. Solo, quindi, per immetterlo sul mercato e ricevere i primi feedback, necessari per capire se risponde a una esigenza reale ed è, dunque, appetibile, oppure se non trova alcun riscontro. È quella che viene anche definita “customer validation”, con la quale ha termine questa prima fase di vita della startup.

Investimenti ed Execution

Superata questa prima fase, la startup entra nella seconda:  quella che va dalla ricerca dei primi investimenti alla cosiddetta “exit”, passando per lo sviluppo del prodotto finale, l’immissione nel mercato, l’acquisizione della clientela, la crescita concreta e la ricerca di investimenti importanti. La startup, dunque, superata la market validation, inizia a partecipare al quelle che vengono chiamate call di investimento per startup. Ovvero competizioni dedicate che mettono in palio premi in danaro, fondamentali per aggiungere combustibile al progetto. In Italia sono moltissime le competitions per startup; oltre 50 in tutto il Paese. In questa fase ci si rivolge anche al pubblico, con le offerte disciplinate come quelle relative al crowdfunding, con le diverse formule della donation, del reward, dell’equity o del landing. Sono molti anche i fondi di finanza agevolata. Sta alle startup intercettarli, presentarsi e cercare di vincere! Quandi ci sono i fondi, la startup entra nella fase di “Execution”, cioè quella della messa a punto del prodotto, il lancio sul mercato e la crescita in termini economici della società. L’esecuzione cioè del progetto originario. È il momento in cui ci si gioca davvero tutto! L’execution fa la differenza. Il team della statup deve gestire con vero spirito imprenditoriale tutto il ciclo di vita del proprio prodotto, dalla produzione alla soddisfazione del cliente. E i conti devono tornare.

Startup o ScaleUp?

Se l’execution è stata messa a punto correttamente, allora ci si può permettere di iniziare a sognare in grande e pensare di trasformarsi in una vera e propria azienda. Siamo alla fase finale in cui si passa da startup a “Scaleup”, ovvero quelle startup che per volume di fatturato (dai 50 ai 100 mila al mese) sono già imprese. In Italia si contano ad oggi un centinaio di scaleup.

L’Exit

Se non si è pronti per la scaleup, si può cercare la “Exit”, cioè la vendita della società a un grande imprenditore o gruppo industriale che possa mettere altri capitali necessari per crescere. Anche la quotazione in Borsa rappresenta un’ottima Exit perché le quote possedute dai soci diventano ora moneta di scambio. Fra le più importanti exit registrate nel nostro Paese possiamo citare Facile.it, YOOX, VisLab, MutuiOnLine, e PizzaBo ed altre, per un valore complessivo di 2,7 miliardi di euro. Fra gli esempi più recenti di quotazione, citiamo CrowdFundMe, il primo portale di crowdfunding ad aver avuto accesso al mercato Aim di Borsa Italiana e CleanBnB, primo operatore italiano nel settore degli affitti a breve termine a essersi quotato in Borsa.

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