Vuoi davvero avviare una startup? I consigli spassionati di Harj Taggar di Y Combinator

Sapete qual è il messaggio più comune che mi trovo quasi quotidianamente nella casella di posta? “Voglio avviare una startup”.
Come se avere un’idea bastasse per mettersi in proprio e creare un’azienda che funziona. Ebbene, le cose sono parecchio diverse. La verità è che non tutti sono tagliati per questo percorso, almeno non subito. Harj Taggar, partner storico di Y Combinator, ha trascorso anni a lavorare con migliaia di fondatori e potenziali imprenditori. Il suo obiettivo? Aiutare le persone a capire se e quando ha senso iniziare un’avventura imprenditoriale.
Il punto di partenza non è un test della personalità né un diploma da Stanford. Non esiste un fondatore ideale in astratto. Quello che conta è la resilienza: la capacità di resistere ai momenti duri, alle porte in faccia, ai lunghi mesi senza risposte o clienti. Fondare una startup non è glamour – è spesso una maratona solitaria piena di dubbi e sacrifici.
Taggar sfata anche il mito dell’imprenditore carismatico o geniale. Alcuni dei migliori fondatori che ha visto nascere in YC erano persone tranquille, introverse, prive di esperienza commerciale, ma con una forza interiore impressionante. Un caso emblematico è Sajith di Benchling: ingegnere timido, privo di skill da venditore, che ha costruito un’azienda valutata oltre 6 miliardi di dollari. Il suo segreto? Perseveranza, più che talento.
Come capire se hai la resilienza giusta
Non basta mostrarsi sicuri in un’intervista o parlare con entusiasmo di un’idea. La resilienza si misura sul campo, quando il tuo prodotto viene ignorato, quando i soldi finiscono, quando i soci esitano.
Taggar sottolinea che non è nemmeno la motivazione iniziale a determinare il successo. Molti dicono che “non bisogna avviare una startup per soldi”, ma lui non è d’accordo. Se vuoi arricchirti e sai che solo un’impresa può darti quell’opportunità, va benissimo. Il punto è che le motivazioni evolvono. Anche chi inizia con l’idea di vendere in un anno, spesso finisce per restare dieci anni sull’idea – perché si affeziona al problema, al team, alla missione.
Prima domanda chiave: cosa hai da perdere?
Vuoi sapere se dovresti avviare una startup? Fatti questa domanda concreta: qual è il peggiore scenario possibile? Se lavori da anni in una big tech e sei in attesa di una promozione, lasciare tutto per un’idea non testata potrebbe costarti molto. Ma se sei appena laureato, il rischio è minimo: puoi sempre tornare a cercare un lavoro dopo un anno.
La chiave è essere onesti con se stessi. Se il pensiero del fallimento ti paralizza e non potresti reggere mesi senza entrate, rischi di sabotarti da solo. In quel caso, forse non è ancora il momento.
La chiave, spiega Taggar, è essere onesti con se stessi. Se il pensiero del fallimento ti paralizza e non potresti reggere mesi senza entrate, rischi di sabotarti da solo. In quel caso, forse non è ancora il momento.
Anche se fallisci, imparerai tantissimo
Molti sottovalutano quanto si impara fondando una startup. Gestire vendite, prodotto, customer support e mille altri aspetti ti dà una visione unica. Persino un progetto fallito ti renderà un professionista migliore, più autonomo e con una comprensione concreta del business.
Triplebyte, una startup co-fondata da Taggar stesso, ha lavorato con centinaia di aziende nella ricerca di talenti. Risultato? Sempre più recruiter cercano ex-founder: persone abituate a decidere, a prendersi responsabilità, a sporcarsi le mani. Anche startup di successo come Rippling assumono ex-imprenditori per guidare intere divisioni.
Come prepararti se non sei ancora pronto
Se senti che il momento non è ora, ma un giorno vorrai provarci, la strategia migliore è prepararsi gradualmente. Secondo Taggar, non devi ossessionarti a trovare subito “l’idea” e “il co-founder” giusto. Le due cose spesso arrivano insieme, in modo organico.
Inizia a parlare con persone con cui ti piace discutere di idee
Il consiglio è semplice: inizia a parlare con persone con cui ti piace discutere di idee. A scuola, al lavoro, tra amici. Chi ti stimola davvero? Con chi riesci ad esplorare possibilità in modo naturale? Quelle sono le persone con cui potresti costruire qualcosa.
E se non conosci ancora nessuno così? Allora è ora di cambiare ambiente. Lavora in una startup, partecipa a community tech, prendi parte a hackathon. I co-founder non si trovano su LinkedIn: si scoprono nei progetti comuni.
Dal pensiero all’azione: parti con dei side project
Una volta trovato un contesto fertile, Taggar invita a lanciare piccoli progetti, anche nel tempo libero. L’obiettivo non è creare un unicorno, ma abituarsi a trasformare le idee in prototipi. Basta un weekend e un MVP rudimentale per iniziare.
Il consiglio di Paul Buchheit, co-creatore di Gmail, è memorabile: “Meglio avere un prodotto che pochi amano, che uno che tanti trovano indifferente”. Se qualcuno cambia abitudini grazie al tuo piccolo esperimento, potresti avere qualcosa tra le mani.
Quando è il momento di lasciare il lavoro?
Non sempre i side project esplodono da subito. Ma se lavorarci ti riempie di energia, mentre il tuo lavoro principale ti svuota, forse è ora di fare il salto. E se hai un co-founder con cui ti trovi bene e condividete questa motivazione, non aspettare il momento perfetto: inizia.
Il vero valore sta nel percorso. Non conta partire con la motivazione giusta: conta trovare, lungo la strada, il motivo per cui vale la pena continuare
Ricorda che il vero valore sta nel percorso. Non conta partire con la motivazione giusta: conta trovare, lungo la strada, il motivo per cui vale la pena continuare.
Se sei curioso, se ti piace costruire, se hai voglia di metterti alla prova: inizia a muovere i primi passi. Parla di idee, cambia ambiente, lancia progetti, sbaglia, impara. E quando sentirai che è il momento, saprai cosa fare.