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Quanto impattano le startup italiane sull’occupazione? Purtroppo ancora poco

Secondo uno studio, recentemente dato alle stampe, della Kaufmann Foundation, il 95% della nuova occupazione generata negli USA ogni anno deriva dalle assunzioni in aziende che hanno meno di cinque anni di vita. E in Italia?

Spesso ci si chiede: Perché le startup italiane rimangono piccole”?

Secondo uno studio, recentemente dato alle stampe, della Kaufmann Foundation, il 95% della nuova occupazione generata negli USA ogni anno deriva dalle assunzioni in aziende che hanno meno di cinque anni di vita.

In Italia, invece, le startup rimangono mediamente piccole o molto piccole; la media dei dipendenti delle startup italiane, infatti, si attesta a 3,5 addetti, cifra ancora molto bassa se confrontata con i canoni statunitensi ed europei. Da noi ci si aspetta che ad assumere siano le grandi società strutturate o le banche, entità che, invece, tendono in tutto il mondo (Italia compresa) a tagliare le risorse più che a incrementarle.

Il numero degli addetti delle startup italiane, dunque, rimane limitato e l’impatto sull’occupazione, almeno per il momento, risulta ancora molto ridotto. Ci sono numerose startup in Italia ma la crescita è lenta anche a causa di un sistema di venture capital che da noi non si è mai veramente del tutto sviluppato sia rispetto a esperienze europee comparabili sia con riferimento alle potenzialità del mercato.

Tuttavia, qualcosa sembra muoversi soprattutto se allarghiamo il campo alle PMI innovative, che registrano una media di addetti molto superiore a quella delle startup, pari a 35 addetti per azienda.

Negli ultimi anni, infatti, il pacchetto di regole per le startup e le PMI innovative ha prodotto la nascita di quell’ecosistema che il nostro Paese richiedeva da molto tempo e che sta permettendo un aumento costante nel numero degli addetti, non solo in campo digitale. Secondo una rilevazione Cerved, infatti, negli ultimi anni si registra una crescita impetuosa del numero dei dipendenti di startup e PMI innovative (+71% tra 2015 e 2016 e +18% nel biennio successivo) il che fa ben sperare per il futuro.

Sempre Cerved ha elaborato la top ten delle PMI o startup innovative per numero di dipendenti in Italia alla data del 31 dicembre 2019. Ebbene, al primo posto (con 335 dipendenti) figurava la PMI innovativa Ediliziacrobatica (che effettua opere murarie senza installare ponteggi), già peraltro quotata all’Aim dal 2018. Al secondo posto una PMI innovativa del settore della ristorazione, Miscusi, con 295 dipendenti che, prima della pandemia Covid19, erano destinati a crescere fino a 500 addetti prima della fine del 2020 secondo le stime della società. Al terzo e quarto posto le prime due PMI innovative digitali, si tratta di Eustema e di Musement (quest’ultima si occupa di vendere online biglietti ed esperienze ai turisti).

Per scoprire in tale graduatoria la prima startup innovativa si deve scendere al quinto posto dove troviamo Sfera Società Agricola, che contava 261 addetti a fine 2019 e che è nata nel 2016 realizzando il primo impianto di produzione di ortaggi completamente eco-sostenibile.

Se scendiamo ancora fino al decimo posto troviamo settori quali: fabbricazione da apparecchiature fluidodinamiche, produzione di software, fabbricazione di apparecchi di misurazione, ristorazione per asporto, ricerca e sviluppo nell’ambito delle scienze naturali. Insomma, PMI innovativa che assume non significa esclusivamente azienda digitale: si può innovare anche partendo dai processi e dall’organizzazione aziendale.

Laureato in Economia all’Università di Udine, si occupa di consulenza direzionale alle PMI del Nordest. Appassionato di start-up, è socio fondatore di Custodi di Successo FVG.

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