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Startup Innovativa, che cosa è esattamente?

Startup Innovativa, che cosa è esattamente?

Che cosa è una Startup Innovativa e quali requisiti deve avere per essere considerata tale?

Il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, ha introdotto una nuova figura di impresa nell’ordinamento normativo italiano, la “startup innovativa”. È lo stesso decreto a fornire una definizione rigorosa di startup innovativa, inquadrandola come “la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione”, in possesso dei seguenti requisiti:

  • costituzione e svolgimento di attività di imprese da non più di 60 mesi;
  • sede in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione Europea o degli Stati aderenti all’accordo di Spazio economico europeo, con sede produttiva o filiale in Italia;
  • a partire dal secondo anno di attività, valore della produzione annua, come risultante dal bilancio d’esercizio, non superiore a 5 milioni di euro;
  • assenza di distribuzione di utili;
  • oggetto sociale esclusivo o prevalente rappresentato dallo sviluppo, dalla produzione e dalla commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  • costituzione non proveniente da atti di fusione, scissione societaria o cessione di azienda o di ramo d’azienda.

In aggiunta a quanto sopra, lo stesso decreto ha richiesto che per qualificare l’impresa come startup innovativa fosse necessario soddisfare almeno uno dei seguenti requisiti:

  1. spese in ricerca e sviluppo uguali o superiori al 15% del maggior valore fra il costo e il valore totale della produzione;
  2. impiego come dipendenti o collaboratori, a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva, di personale che sia in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca in un’Università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero, o in alternativa, in percentuale sempre uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale;
  3. titolarità, anche in qualità di depositaria o licenziataria, di almeno una privativa industriale, relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, topografia di prodotto a semiconduttori o una nuova varietà vegetale ovvero titolarità dei diritti relativi a un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, a patto che tale privativa sia direttamente afferente all’oggetto sociale e all’attività di impresa.

Con il Regolamento Consob n. 18592 del 26 giugno 2013 si cercò poi di provvedere a declinare alcuni principi di rilievo per inquadrare correttamente l’argomento, e trovare un equilibrio tra la necessità di stimolare un settore del quale si intravedevano le ottime opportunità e, dall’altra parte, garantire agli investitori le migliori tutele.

All’interno del Regolamento Consob del 2013 trovarono dunque spazio alcuni principi cardine specifici della disciplina, come quelli su:

  • requisiti di onorabilità e di professionalità dei gestori dei portali autorizzati, iscritti nella sezione ordinaria del registro;
  • processo autorizzativo per l’inclusione di nuovi gestori all’interno del registro, e sanzionatorio per gli operatori non regolarmente autorizzati a fornire i propri servizi;
  • regole di condotta dei gestori dei portali, con particolare attenzione per la tutela degli interessi degli utenti delle piattaforme;
  • informativa minima da fornire agli investitori potenziali, con particolare dedizione ai possibili rischi a cui vanno incontro gli utenti che desiderano partecipare a campagne di equity crowdfunding;
  • previsione per la quale una quota di almeno il 5% degli strumenti finanziari offerti dovesse essere sottoscritta da investitori professionali, ovvero da fondazioni bancarie, società finanziarie per l’innovazione e lo sviluppo, incubatori di startup innovative, al fine di fornire ai piccoli investitori un segnale sulla qualità dell’emittente;
  • obbligo per le emittenti di inserire negli statuti o negli atti costitutivi misure per permettere all’investitore di fruire di una wayout nel caso in cui i soggetti controllanti cedano il controllo dell’azienda, o clausole tag along (per permettere agli investitori la cessione delle quote insieme a chi vende) o di recesso;
  • diritto di revoca dell’ordine di sottoscrizione per gli investitori, da esercitarsi entro 7 giorni, nel caso di fatti nuovi avvenuti durante il periodo di offerta.

La normativa è stata quindi modificata due anni più tardi, e da ulteriori provvedimenti che hanno esteso l’opportunità dell’equity crowdfunding anche alle PMI innovative, agli organismi di investimento collettivo di risparmio e alle società di capitali che investono prevalentemente in startup innovative e in PMI innovative.

Tratto da: Equity Crowdfunding, manuale pratico per l’investitore consapevole, di Salvatore Viola.

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