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Mining di criptovalute, quali tasse si pagano?

L'Agenzia delle Entrate risponde a un interpello chiarendo in che modo sono tassate le attività di mining di criptovalute

Con la risposta n. 515/2022 avente ad oggetto Attività di mining – trattamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA”, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un interessante chiarimento sulle tasse che si pagano sul mining di criptovalute.

Il quesito: il trattamento fiscale sul mining

Andando con ordine, l’istanza di interpello avanzata al Fisco presenta il seguente caso.
La società Alfa svolge attività mining, ovvero di “nodo validatore” in relazione alla criptovaluta Helium (HNT), su omonima blockchain. Stando a quanto afferma la società, il processo di mining in questione non permette di estrarre alcunché dall’algoritmo, in cui non ci sono delle criptovalute in senso stretto.

Per l’istante, infatti, il processo è finalizzato solamente a risolvere un calcolo a cui consegue l’aggiunta di un nuovo blocco alla sequenza crittografica.

Come avviene nella generalità delle attività di mining, per la risoluzione di questo calcolo la società ottiene HTN che sono poi utilizzati per costruire e mettere in sicurezza l’infrastruttura di rete e trasferire i dati dei dispositivi. A sua volta, la quantità di HNT distribuita dipende dal tipo di “lavoro” svolto, in base al valore della rete. La convalida del contributo alla rete è costituita da un algoritmo di lavoro chiamato Proof-of-Coverage (PoC).

In sintesi, a parere della società, “la criptovaluta ricevuta HNT in cambio rappresenta di fatto la remunerazione per l’attività di mining svolta” e, di conseguenza, gli HNT ricevuti sono la remunerazione per l’attività di mining effettuata.

La società rappresenta altresì che:

  • Helium è una rete distribuita di hotspot che partecipano alle attività in maniera autonoma e volontaria, garantendo con il loro ruolo la connettività globale ad Internet a dispositivi IoT (Internet-of-Things). Per fornire questo servizio, Helium usa una criptovaluta denominata Helium ($HNT) e una blockchain per la registrazione di tutte le transazioni
  • in Helium ogni hotspot copre una data area geografica
  • ogni blocco aggiunto alla blockchain deve essere validato e a ogni gruppo di 30 blocchi aggiunti alla blockchain è associata una ricompensa in $HNT, il cui valore viene suddiviso tra gli operatori che hanno partecipato attivamente alla loro creazione
  • la rete è in costante crescita grazie all’apporto di nuovi hotspot
  • Helium non è proprietaria della rete, ma è partner privilegiato dell’insieme di aziende e privati che forniscono i servizi di connettività.
  • la Proof-of-Coverage è un protocollo che verifica che un dispositivo hotspot copra effettivamente l’area su cui dichiara di operare.
  • al protocollo Helium partecipano pertanto i nodi validatori (come la società istante), gli hotspot (che forniscono il servizio di connessione), installati anche dalla società istante.

Come si guadagna con il mining

Chiarito quanto precede, la società afferma in relazione alla propria attività che il suo intervento si limita all’installazione dei dispositivi hotpost e all’eventuale manutenzione. In aggiunta a ciò, la società possiede anche degli hotspot attivi che ricevono una ricompensa a seguito della partecipazione alle attività a servizio della rete e della blockchain, che per loro natura non sono definibili a priori, tanto che non ci sarebbe alcun compenso fisso predeterminato.

La società chiarisce ancora che:

  • i compensi ottenuti sono variabili ed eventuali, non esistendo di fatti transaction fee fisse
  • svolge la propria attività in totale autonomia
  • non esiste la possibilità di raggruppare gli hotspot in un pool, considerato che ogni hotspot è valutato come dispositivo indipendente
  • le aziende e i privati partecipano ad Helium installando dispostivi hotspot o nodi validatori in maniera volontaria, indipendentemente gli uni dagli altri ed in modalità peer-to-peer, non esistendo di fatti alcun vincolo di subordinazione.

Ora, ricordato quanto sopra, la società afferma altresì di aver minato un certo controvalore di HNT e, in ottica prudenziale, in attesa di risposta all’istanza di interpello, ha provveduto ad annotare in prima nota, come operazione non rientrante in ambito IVA (e pertanto senza emissione di documenti fiscali), il controvalore in euro di quanto minato.

In aggiunta ai fini delle imposte dirette, la società afferma di non avere effettuato cambio di valuta ma di ritenere che al momento del cambio di valuta dovrà rilevare l’eventuale plusvalenza/minusvalenza finanziaria o i ricavi – a seconda di quale sarà l’interpretazione favorita dal Fisco.

L’opinione della società

Riassunto quanto precede, questa è la soluzione interpretativa che era stata prospettata dalla società:

  1. ai fini IVA l’attività di mining non è ritenuta rilevante, in linea con quanto avviene in altri mercati internazionali come il Regno Unito. Non sarebbe dunque necessario emettere alcun documento fiscale. Il momento impositivo dovrebbe essere comunque quello del cambio della criptovaluta in valuta avente corso legale.
  2. ai fini delle imposte dirette l’attività è invece ritenuta rilevante ai fini IRES e IRAP. Pertanto, non potendosi considerare la criptovaluta HNT come strumento di investimento o valuta, i ricavi generati al momento del cambio dovrebbero essere tassati con le modalità ed aliquote ordinarie per la natura giuridica del contribuente.
  3. sulla presenza delle criptovalute “non convertite” al 31 dicembre e ancora in pancia alla società, considerata l’alta volatilità ed il nullo costo di acquisto, l’istante ritiene che debbano essere valorizzate in bilancio a zero e non al valore di mercato a fine anno.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate ha espresso un interessante parere che, sebbene non possa certamente essere di facile applicazione per tutte le attività di mining, può ispirare una corretta interpretazione in casi similari.

In primo luogo, il Fisco ricorda che anche in mancanza di una specifica disciplina fiscale in tema di mining a livello interno che comunitario, tenuto conto dell’interesse generale sull’argomento, si possono fornire alcuni principi di ordine generale per l’IVA e per le imposte dirette.

Proviamo a condividere insieme gli spunti più interessanti della risposta all’interpello.

La definizione di mining

La prima cosa che salta agli occhi è il fatto che l’Agenzia delle Entrate conia la definizione di mining da quella presente in “Taxing Virtual Currencies: An Overview of TaxTreatments and Emerging Tax Policy Issues” dell’OCSE, risalente al 12 ottobre 2020, che definisce il mining come il

processo (…) tramite il quale le transazioni di valute virtuali sono verificate e aggiunte al registro (ledger) basato sulla blockchain (registrazione delle transazioni). Il “miner”(…) può avere diritto a (i) una ricompensa di mining, pagata attraverso nuovi token, e/o ii) una commissione di transazione di protocollo, ovvero una percentuale del valore della transazione in corso di elaborazione e che viene pagata a partire da quella transazione (…).

L’applicazione dell’IVA

Per quanto concerne in particolar modo l’imposta sul valore aggiunto, il Fisco ricorda come dallo stesso documento emerga che tutti gli Stati considerano le transazioni legate alle valute virtuali come esenti oppure escluse dal campo di applicazione dell’IVA.

Alla luce di tali valutazioni e di quelle sviluppate dalle amministrazioni fiscali di altri Stati, come Francia, Germania e Regno Unito, il ” mining” sembra definibile come “l’attività che mette in sicurezza – registrandole e condividendo i risultati con la rete – le transazioni nell’ambito della tecnologia cd “blockchain” su cui si basa la creazione della cripto-attività, ivi incluse le criptovalute”.

Considerato ciò, il miner è a sua volta definibile come quel soggetto che mette a disposizione la sua potenza di calcolo per una serie di attività come l’estrazione di una criptovaluta o altro, registrando le transazioni in un blocco, per poi trasferirlo nella blockchain, il registro pubblico, accessibile dagli utenti del network/sistema/rete.

Dinanzi a tale attività i miner sono ricompensati mediante assegnazione di criptovalute se per primi ottengono la convalida di un blocco, ipotesi che non sempre si verifica.

In altre parole ancora, lo svolgimento dell’attività di validazione non è sufficiente a conferire al miner il diritto a un compenso, che di fatti gli spetta solamente se la sua attività “va per prima” a buon fine.

Pertanto, l’impossibilità di individuare l’esistenza di un servizio “personalizzato” prestato dal miner a beneficio di uno specifico beneficiario, permette di ritenere il mining non rilevante ai fini IVA, considerato che è connotato dall’assenza di un legame sinallagmatico.

L’Agenzia delle Entrate afferma pertanto che il miner non deve riscuotere l’imposta a fronte delle criptovalute ricevute dal network. Non effettuando operazioni attive imponibili, non può naturalmente esercitare il diritto a detrazione.

Ciò premesso, il Fisco sottolinea anche che la società ha affermato di svolgere l’attività di mining che si sostanzia esclusivamente nella “costruzione e messa in sicurezza dell’infrastruttura di rete e il trasferimento dei dati dei dispositivi“, a fronte della quale riceve una remunerazione in modo automatico dalla rete, senza che sia possibile “identificare un committente unico né un gruppo di committenti”. La stessa società Helium viene definita come una partner privilegiato, ma senza essere proprietaria delal rete o del servizio.

Per tali motivi l’Agenzia delle Entrate evidenzia come il miner non abbia alcun rapporto giuridico con la rete (Helium), né tantomeno sia soggetto a una specifica regolamentazione per poter accedere al sistema e svolgere la propria attività. L’unica cosa che è invece richiesta è la disponibilità di apparecchiature informatiche (hotspot).

Ora, considerato che non è possibile individuare una prestazione di servizio personalizzata a favore di un beneficiario identificato o identificabile, l’attività descritta dalla società non può che essere fuori dal campo di applicazione dell’IVA. Di conseguenza la società non è tenuta agli obblighi documentali, dichiarativi e di versamento richiesti dalla disciplina IVA su tali operazioni.

L’applicazione delle imposte dirette

Ma cosa cambia invece sul fronte delle imposte dirette?

Ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia ricorda che in tale risposta non si occuperà della determinazione del valore delle monete virtuali oggetto dell’istanza. Ricorda invece che quando i servizi erogati siano remunerati attraverso corrispettivi definiti in termini di “monete virtuali”, si deve richiamare la risposta n. 788/E del 2021, per cui “alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali”, trovano applicazione le disposizioni del TUIR che disciplinano le operazioni in valuta estera.

In relazione, la risposta all’interpello chiarisce che il comma 2 dell’articolo 110 dispone che «per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, si applicano, quando non è diversamente disposto, le disposizioni dell’articolo 9; tuttavia i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera, percepiti o effettivamente sostenuti in data precedente, si valutano con riferimento a tale data…”.

Ancora, il successivo articolo 9 dello stesso Testo unico dispone che «per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti”.

Insomma, in riferimento a quanto sopra, al di là della natura delle relazioni con i componenti della struttura che è stata ampiamente descritta, la relativa remunerazione concorre alla formazione del reddito imponibile, nel periodo d’imposta in cui gli stessi servizi possono considerarsi ultimati, ex comma 2 dell’articolo 109 del TUIR.

Per quanto poi concerne la valutazione delle monete virtuali che sono detenute al termine di ogni periodo d’imposta, il Fisco invita a considerare realizzata la differenza tra il valore fiscale iniziale e quello rilevato alla data di chiusura di ciascun periodo d’imposta, in applicazione di quanto disposto dal menzionato articolo 110 del TUIR.

Come ultimo richiamo, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che ai fini IRAP le remunerazioni del miner concorrono alla formazione del valore della produzione netta. Rappresentano di fatti dei ricavi per prestazioni di servizi che sono riconducibili all’attività caratteristica della società, con conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP.

Di contro, concludono le considerazioni dell’Agenzia delle Entrate, le oscillazioni di valore non sarebbero incluse nella base imponibile del tributo regionale solo nella misura in cui non transitano da voci rilevati ai fini IRAP, o in assenza dei presupposti per l’applicazione del principio di correlazione.

Giornalista, copywriter, esperto di finanza e marketing editoriale, collabora con alcuni dei più noti network nazionali dell'informazione

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