
InnovUp e Assolombarda hanno presentato la seconda edizione dello studio “L’impatto occupazionale delle startup innovative italiane tra il 2012 e il 2024”, un’analisi che fotografa l’evoluzione dell’ecosistema dell’innovazione nazionale e la sua capacità di generare lavoro qualificato, capitale mobilitato e crescita industriale. Dal 2012 al 2024, l’intera filiera – composta da startup innovative, ex-startup, PMI innovative, incubatori, acceleratori, parchi scientifici e soggetti di trasferimento tecnologico – ha attivato risorse per 46,95 miliardi di euro e abilitato 243.632 persone, a conferma del ruolo strategico di questo segmento per la competitività del Paese.
Dal 2012 al 2024, l’intera filiera ha attivato risorse per 46,95 miliardi di euro e abilitato 243.632 persone
Il dato 2024, in particolare, mostra che le sole startup ed ex-startup innovative attive hanno dato lavoro a 68.526 persone, in aumento rispetto alle 65.897 del 2023 (+4%), e coinvolto quasi 89.000 soci, per un totale di oltre 150.000 persone. Più della metà degli occupati lavora in servizi e manifattura high-tech, un’area che rappresenta appena una porzione del mercato del lavoro complessivo, ma che in Italia è cruciale per innovazione di prodotto, produttività e integrazione tecnologica.

Crescita più lenta ma sistema più maturo
Lo studio evidenzia un rallentamento del tasso di crescita occupazionale rispetto agli anni precedenti: tra il 2018 e il 2023 l’incremento annuo era stabile fra il 20% e il 30%, mentre nel 2023 è sceso al 13% e nel 2024 al 4%. La dinamica è attribuita a una stabilizzazione del numero di startup ed ex-startup innovative dopo anni di espansione continua, all’aumento delle cessazioni e a un percorso di consolidamento fisiologico. Nonostante ciò, l’80% delle imprese censite ha mantenuto stabile o aumentato il numero di dipendenti nell’ultimo esercizio, segnale di una resilienza diffusa. Ancora più significativo è il confronto con le nuove imprese non innovative: le coorti di startup nate tra il 2018 e il 2019 registrano, nei primi cinque anni di vita, aumenti dei dipendenti rispettivamente del 229% e del 209%, contro il +113% del totale delle nuove imprese secondo Istat.
Le coorti di startup nate tra il 2018 e il 2019 registrano, nei primi cinque anni di vita, aumenti dei dipendenti rispettivamente del 229% e del 209%, contro il +113% del totale delle nuove imprese secondo Istat.
La struttura dell’ecosistema resta tuttavia polarizzata: il 92,4% delle imprese è micro (meno di 10 addetti, e nel 56,7% dei casi nessun dipendente), ma il 7,6% di piccole e medio-grandi genera il 67,3% dell’occupazione totale. Ciò dimostra che la capacità di scala esiste e produce impatti tangibili, ma è ancora concentrata in una fascia ristretta di operatori.
Le “Gazzelle” trainano occupazione e fatturato
Un capitolo specifico è dedicato alle cosiddette “Gazzelle”, giovani imprese ad alto tasso di crescita: nel 2024 in Italia se ne contano 75 tra startup ed ex-startup, che hanno creato 4.872 posti di lavoro – circa il 7% del totale di quelli generati dalla platea innovativa – con una dimensione media di 74 dipendenti. Si tratta di aziende che crescono di oltre il 20% per tre anni consecutivi nei primi cinque anni di vita e che presentano anche performance economiche rilevanti: fatturato medio di 11,6 milioni di euro e valore aggiunto medio di 5,1 milioni. La presenza di questo cluster conferma che l’ecosistema italiano è in grado di produrre scale-up industriali, anche se ancora in numero limitato rispetto ad altri mercati europei.
L’ecosistema italiano è in grado di produrre scale-up industriali, anche se ancora in numero limitato rispetto ad altri mercati europei.
Parallelamente, il 2024 registra anche il più alto numero di cessazioni: 1.440 startup ed ex-startup hanno chiuso o sono entrate in liquidazione o bancarotta, con un tasso di mortalità del 6%. L’impatto occupazionale della chiusura è però limitato (674 posti persi) perché si tratta soprattutto di realtà micro: solo il 4% superava i 10 dipendenti e il fatturato medio non oltrepassava i 250mila euro. In controtendenza, le acquisizioni toccano un nuovo record a quota 116, e premiano le imprese più innovative e performanti, con fatturato medio di 1,7 milioni nell’anno precedente e oltre 10 dipendenti nel 28% dei casi, segnale di una crescente maturità del mercato M&A sull’innovazione.

Le risorse mobilitate e il ruolo degli strumenti pubblici
InnovUp, a partire dai dati dello studio Assolombarda e integrando altre ricerche di settore, stima che nel solo 2024 la filiera dell’innovazione italiana abbia mobilitato 6,95 miliardi di euro. Dentro questo perimetro rientrano 1,5 miliardi di investimenti di venture capital, 750 milioni per progetti di Open Innovation, 700 milioni di prestiti garantiti dal Fondo di Garanzia e 4 miliardi di fatturato generato dalle realtà coinvolte. Queste risorse hanno abilitato 32.724 persone. Su un orizzonte più lungo, 2012-2024, il totale mobilitato sale a 46,95 miliardi di euro, di cui circa 9,2 miliardi in venture capital e 3,75 miliardi nel mercato dei servizi di Open Innovation, alimentato da un sistema sempre più collaborativo tra imprese, incubatori, acceleratori e centri di innovazione. Il Fondo di Garanzia emerge come infrastruttura abilitante: tra il 2012 e il primo trimestre 2025 sono state gestite 19.647 operazioni per le startup innovative (17.159 finanziamenti, 3,8 miliardi erogati e 3,1 garantiti) e 9.171 operazioni per le PMI innovative (8.379 finanziamenti, 3,1 miliardi erogati e 2,4 garantiti). Nel complesso, il fatturato della filiera dell’innovazione nel periodo considerato ammonta a 27,1 miliardi di euro, con 32.337 startup innovative capaci da sole di generare 14,5 miliardi.
Le dichiarazioni: innovazione come motore occupazionale
“La filiera dell’innovazione è oggi uno dei motori più solidi della crescita italiana: non soltanto per la capacità di generare nuove idee, ma perché produce lavoro qualificato, nuove competenze e valore per tutto il sistema produttivo. I dati – ha detto Federico Chiarini, Presidente Giovani Imprenditori di Assolombarda – dimostrano che startup, PMI innovative, incubatori, acceleratori e parchi scientifici sono protagonisti di una trasformazione profonda, che investe l’economia e la società. Ma perché questo potenziale diventi pienamente reale serve un cambio di Italia è un Paese ricco di risparmio, eppure troppo poco di quel capitale viene destinato all’economia reale. Dobbiamo avere il coraggio di orientarlo verso l’innovazione, perché è lì che si costruisce la crescita del futuro. Accanto agli investimenti – ha concluso Chiarini – servono regole stabili, chiare e di lungo periodo: solo così potremo dare fiducia a chi intraprende, e garantire continuità a politiche come lo Scale-up Act. L’innovazione non è una nicchia, ma un pilastro della stabilità del Paese.”
La filiera dell’innovazione è oggi uno dei motori più solidi della crescita italiana: non soltanto per la capacità di generare nuove idee, ma perché produce lavoro qualificato, nuove competenze e valore per tutto il sistema produttivo” – Federico Chiarini
“Questi dati testimoniano il salto di qualità che la filiera italiana dell’innovazione ha compiuto negli ultimi impatto sulle persone abilitate dimostrano che il settore è sempre più maturo e ha un ruolo trainante per l’occupazione e la competitività del Paese. Ora la sfida è capitalizzare su questi risultati, continuando a sostenere politiche di investimento, strumenti di supporto e collaborazione tra pubblico e privato, affinché si possa generare ancora più valore diffuso sul territorio e opportunità concrete per il mercato del lavoro”, ha commentato Chiara Petrioli, Presidente di InnovUp e CEO della scale-up WSense.
L’Europa rischia seriamente di essere schiacciata da Stati Uniti e Cina nella battaglia globale sull’innovazione. Stiamo perdendo terreno e non possiamo permetterci di restare spettatori” – Maria Anghileri
“L’Europa rischia seriamente di essere schiacciata da Stati Uniti e Cina nella battaglia globale sull’innovazione. Stiamo perdendo terreno e non possiamo permetterci di restare spettatori” – ha commentato Maria Anghileri, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria. “Per questo dobbiamo spingere con decisione su uno Youth Deal italiano: un pacchetto di misure che includa incentivi fiscali, semplificazioni, prestiti agevolati, sovvenzioni dirette ed equity, per liberare il potenziale delle nuove generazioni e delle nostre imprese innovative. Sul fronte europeo, il nostro Youth Deal è coerente con la nuova EU Startup and Scaleup Strategy, con l’obiettivo di rendere l’Europa di nuovo un luogo ideale per lanciare e far crescere aziende tecnologiche globali. Tra le misure più attese c’è il cosiddetto 28° Regime, che deve diventare urgenza è evidente” – ha concluso Anghileri – “semplificare la burocrazia, in Italia e in Europa, è una condizione imprescindibile per competere davvero a livello globale”.
Una filiera ampia, integrata e da sostenere
Lo studio ricorda che, accanto alle startup innovative, operano in Italia 3.026 PMI innovative con 8,9 miliardi di fatturato e 55.000 dipendenti, 239 incubatori e acceleratori certificati (3,2 miliardi di fatturato aggregato e 14.329 addetti tra 2016 e 2023), 56 startup studio e venture builder e 55 Parchi Scientifici e Tecnologici. È questa infrastruttura ampia e multilivello ad aver consentito al Paese di creare 244mila nuovi posti di lavoro in dodici anni e di sostenere un settore che oggi vale miliardi di euro. Perché questa traiettoria prosegua, conclude il rapporto, sarà decisivo mantenere un mix di capitale privato e strumenti pubblici, rafforzare il mercato delle exit e proseguire sulla strada di una politica industriale dell’innovazione che riconosca alla filiera il ruolo di pilastro strutturale dell’economia italiana.





