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Regime forfettario: ricavi e tasse

Fino al 2014 per essere un minimo non si doveva fatturare più di 30.000 euro all’anno. Il limite massimo dei ricavi incassati valeva per tutti, indipendentemente dall’attività svolta. Da quest’anno invece per chi sceglie il nuovo regime forfettario la soglia non è più fissa ma dipende dall’attività. Inoltre a seconda del lavoro svolto varia anche …

Fino al 2014 per essere un minimo non si doveva fatturare più di 30.000 euro all’anno. Il limite massimo dei ricavi incassati valeva per tutti, indipendentemente dall’attività svolta. Da quest’anno invece per chi sceglie il nuovo regime forfettario la soglia non è più fissa ma dipende dall’attività. Inoltre a seconda del lavoro svolto varia anche la percentuale di reddito che viene tassato con la nuova aliquota al 15%. Vediamo di capirne di più.

 

Soglia massima di ricavi

Nel forfettario non esiste una soglia di ricavi annui valida per tutti

Nel forfettario quindi non esiste una soglia di ricavi annui valida per tutti, ma il tetto è variabile a seconda dell’attività svolta. Così, per esempio, per i commercianti al dettaglio e all’ingrosso il limite è di 40.000, per gli ambulanti di alimentari e bevande 30.000, per gli agenti e gli intermediari di commercio e i professionisti 15.000 euro.

In particolare il decreto di attuazione del nuovo regime ha previsto nove categorie diverse, inserendo in ciascun gruppo una serie di attività contraddistinte dal codice Ateco, un insieme di numeri e lettere che identifica il lavoro svolto dalla partita Iva.

Solo per citarne alcune, oltre a quelle già evidenziate, nel settore delle industrie alimentari e delle bevande il valore soglia dei compensi annui è di 35.000 euro, tetto che si riduce a soli 15.000 per il settore costruzioni e attività immobiliari, mentre risale a 40.000 euro per i servizi di alloggio e di ristorazione. Infine per tutte le attività residuali non esplicitamente citate nel decreto il tetto massimo di ricavi è di 20.000 euro all’anno.

 

La percentuale di tassazione

Nel forfettario ad essere tassato non è il reddito ottenuto come differenza tra i ricavi fatturati e i costi inerenti all’attività, bensì il reddito calcolato forfettariamente applicando ai ricavi una percentuale che varia a seconda dell’attività. Così, tornando alle categorie citate prima, il commerciante al dettaglio e all’ingrosso e l’ambulante di alimentari tasseranno il 40% dei ricavi, gli agenti di commercio pagheranno le tasse sul 62% dei ricavi e i professionisti sul 78%. Tutto questo indipendentemente dalle spese sostenute nell’attività. Non si potrà quindi scaricare più nulla. Scompaiono pertanto i costi deducibili.

Ad essere tassato è il reddito calcolato forfettariamente applicando ai ricavi una percentuale che varia a seconda dell’attività.

Nel settore delle industrie alimentari e delle bevande verrà tassato il 40% dei compensi, percentuale che sale all’86% per il settore costruzioni e attività immobiliari, mentre riscende al 40% per i servizi di alloggio e di ristorazione. Infine per tutte le attività residuali non esplicitamente citate nel decreto la percentuale di tassazione è del 67%. Lo Stato presume quindi che si possano dedurre in maniera fittizia costi pari soltanto a un terzo del giro d’affari.

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